venerdì 19 febbraio 2010



SCHIAVITU'



Nonostante l'universale condanna la schiavitù è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione.

Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all'economia mondiale miliardi di dollari.
Uomini, ma soprattutto donne e bambini sono soggetti a nuove forme di sfruttamento estremo, violazioni dei diritti umani che hanno ambiti e caratteristiche diversi anche rispetto al passato.

Varie sono le cause, per esempio l' aumento della povertà che rende più vulnerabili le persone lasciando loro poche possibilità di scelta e di difesa.

Un altro fattore è la redditività della schiavitù: basti pensare che solo la tratta di esseri umani è al mondo al terzo posto come proventi da attività illegale dopo il traffico di armi e di droga.

Il sistema economico attuale, inoltre, sfrutta nei paesi ricchi il lavoro nero dei migranti, nei paesi più poveri delocalizza basandosi in larga misura su paghe irrisorie, sulla mancanza di controllo delle condizioni di lavoro, sullo sfruttamento e sul lavoro coatto.

Diverse anche le forme di sfruttamento: tratta, sfruttamento sessuale donne e bambini, traffico d'organi, lavoro forzato, servitù domestica, servitù religiosa, sfruttamento bambini nei conflitti e per accattonaggio.

La schiavitù però non è così lontana come invece può sembrare. Basti pensare che in Italia è presente la cosiddetta: ” Africa italiana “.Sto parlando di Castel Volturno. Questa è una terra dove bisogna ingegnarsi per vivere, anche se questo non giustifica il furto e lo spaccio. E’ un luogo che concentra le ragazze prostituite, che da qui partono per esercitare la prostituzione nelle cittadine dei dintorni e anche verso Napoli o Roma.

Sono molti gli immigrati che si sono insediati negli anni in questo territorio. Sono aumentati molto i Polacchi, gli Ucraini, i Rumeni. E’ chiaro che gli africani, sono molto visibili e facilmente discriminabili.
I giornali parlano di circa 20.000 immigrati, di un immigrato per ogni italiano.
Ultimamente si è parlato di questa località per la rivolta degli africani a causa della strage della camorra.

Riporto qui di seguito un articolo del “Corriere della sera”:
“- Circa 130 proiettili esplosi da sei-sette sicari, a bordo di almeno un'auto e una moto. È questo lo scenario che gli investigatori hanno finora ricostruito dell'agguato in cui sono stati uccisi giovedì sera sei immigrati africani a Castel Volturno. Un volume di fuoco impressionante (a sparare sono stati un kalashnikov, una pistola calibro 9x21 e una 9x19), simile a quello impiegato nell'agguato di Baia Verde, sempre a Castel Volturno, vittima il gestore di una sala giochi, Antonio Celiento: in questo caso una sessantina i colpi esplosi. La quantità di proiettili usata in entrambi gli agguati è uno dei diversi elementi che fanno pensare a un solo gruppo di fuoco in azione: per averne la certezza occorrerà però attendere la perizia balistica. Gli inquirenti ritengono che, all'origine della strage degli immigrati, ci fosse una «spedizione punitiva» contro la sartoria, probabilmente un centro del traffico di stupefacenti.
Per il momento non emergono piste diverse da quella del regolamento di conti.


Nel frattempo l'attenzione degli investigatori si concentra sulle 'nuove leve' del clan dei Casalesi, cinque-sei personaggi fautori di quella strategia stragista che sembra aver prevalso nel clan rispetto a quella dell'inabissamento scelta dai 'capi storici' dopo i colpi subiti. Si tratta delle stesse persone, tutte latitanti, ritenute responsabili di buona parte degli attentati avvenuti negli ultimi mesi.
Gli investigatori riterrebbero che è tra loro che bisogna cercare chi ha sparato centinaia di colpi lungo la via Domiziana. Come è tra loro che va cercato il killer di Umberto Bidognetti, ucciso il 2 maggio scorso, colpevole solo di essere il padre del pentito Domenico. E sempre i sei latitanti sarebbero i responsabili dell'assassinio dell'imprenditore Domenico Noviello, colpito il 16 maggio con 22 colpi di pistola a Castel Volturno dopo aver denunciato i clan, e dell'uccisione di Michele Orsi, freddato il 1 giugno.

Il gruppo che fa capo ad Alessandro Cirillo e Giuseppe Setola sarebbe anche responsabile del ferimento avvenuto il 30 maggio a Villaricca di Francesca Carrino, nipote di quella Anna Carrino compagna del boss Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e Mezzanotte, che ha lanciato appelli contro la camorra e che con le sue rivelazioni ha consentito l'arresto di diversi esponenti della cosca.
Il ragionamento che viene fatto da investigatori e inquirenti è che, presi questi latitanti, la scia di sangue potrebbe interrompersi. Ma non solo. Un ulteriore colpo, assestato questa volta ai leader emergenti e non ai capi storici, potrebbe rimescolare di nuovo le carte all'interno dell'organizzazione dei Casalesi.

Sale la rabbia a Castelvolturno: alcuni immigrati, bastoni in mano, hanno frantumato le vetrine di alcuni negozi e rivoltato auto in mezzo alla strada, distruggendo i vetri di altre vetture ferme. Il tutto davanti al luogo dove sono stati uccisi i sei stranieri. «Vogliamo giustizia - urlavano - non è vero che i nostri amici ammazzati spacciavano droga o erano camorristi. Sono state dette tutte cose false». Gli extracomunitari, soprattutto africani, puntano il dito contro chi li accusa di spacciare droga. «Noi siamo persone perbene, non è giusto che ogni volta che si parla di droga - dicono - siamo noi i colpevoli e questo solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo». A un certo punto gli immigrati hanno iniziato a lanciare massi e oggetti pesanti contro la camionetta della polizia. La protesta è proseguita nel pomeriggio: gli immigrati hanno sradicato segnali stradali gridando «italiani bastardi».






UNA BREVE INDAGINE SUL LAVORO MINORILE







120 milioni a tempo pieno e 130 milioni una parte della giornata: nel mondo sono 250 milioni i minori tra i 5 e i 14 anni che lavorano. Sono dati dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) riferiti ai Paesi in via di sviluppo. Molti altri milioni di bambini vivono in stato di semi o piena schiavitù in Europa, nel Nord America, in Oceania.
Per quanto riguarda le forme di abuso nel Terzo mondo e nei Paesi industrializzati sono molti i bambini bruciati dal sole e dall'arsura nelle piantagioni dell'Africa occidentale, curvi sotto i carichi di carbone in Colombia, sfiniti dal lavoro nei laboratori tessili in India, nelle fabbriche che producono palloni in Pakistan, tra i cumuli di discariche nelle Filippine dove cercano materiale da riciclare, nelle cave del Perù dove cercano l'oro.

Nei Paesi sottosviluppati i bambini sono consumati dalla fatica e dalle malattie, o mandati a morire nelle guerre tribali. Ma la piaga dello sfruttamento minorile è profonda anche nei Paesi industrializzati, con forme di violenza di solito più legate alle nevrosi e alla delinquenza delle società ricche. Come la pedofilia, la prostituzione, la pornografia, il traffico di organi.
Il motivo principale degli abusi sui bambini - di tutti i tipi di abuso e in ogni parte del mondo - è la povertà.



La manodopera infantile costa poco o nulla, mentre per molte famiglie anche il magro stipendio portato a casa dai figli è indispensabile a tirare avanti. In genere, nei Paesi più evoluti il lavoro non porta i piccoli lontano dai genitori, anzi spesso sono impiegati nelle imprese di famiglia e la loro crescita rimane comunque tutelata all'interno di una sfera domestica di affetti. Ma nel mondo povero, africano, latino americano e dell'Europa orientale, non è così.

L’Africa è un continente segnato dalle violenze, dai soprusi e dalle ingiustizie. Il destino di schiavitù che nei secoli scorsi ha colpito l'Africa non si è esaurito neanche nel Terzo millennio. Nell'Ottocento, uomini e donne prelevati soprattutto dalla zona subsahariana, la cosiddetta "Costa degli schiavi", venivano deportati in Europa e in America Latina. Stipati nelle navi dei negrieri, i carichi umani attraversavano l'Oceano in viaggi lunghissimi e disumani. Venivano chiamati, in codice, "legno d'ebano", "carbone nella stiva"; la sigla delle donne era "noci di cola". Erano destinati alle piantagioni di caffè e di cacao in Brasile, oppure venduti in Europa per lavorare nelle case dei ricchi.


Nell'Africa di oggi il mercato degli schiavi è ancora fiorente, ma la merce è cambiata perché le vittime sono soprattutto i bambini. Il traffico di minorenni è gestito da racket organizzati in modo capillare sul territorio. I piccoli schiavi vengono trasportati nelle piantagioni della Costa D'Avorio, del Gabon e del Brasile. Oppure sbarcano in Europa, dove sono costretti alla prostituzione, sono preda dei pedofili, vengono sottoposti alle angherie e alle molestie sessuali dei padroni che li comprano come domestici.
La tratta coinvolge più di 200 mila bambini all'anno tra i cinque e i quindici anni. Vengono prelevati soprattutto dal Benin, dal Togo, dal Ghana, dalla Nigeria, dal Camerun, dal Burkina Faso. Gli "adulatori", come vengono chiamati gli uomini ben vestiti che convincono le famiglie a cedere i loro figli, li comprano a circa 14 dollari l'uno e li rivendono ad un prezzo almeno dieci volte superiore.
Ai genitori promettono una parte del denaro guadagnato dal figlio.
Ma il bambino, di solito, non riceverà alcun denaro in cambio della fatica e degli abusi subiti.
Non c'è scampo per i piccoli schiavi delle piantagioni, costretti con le percosse a lavorare anche diciotto ore al giorno. I loro corpi, coperti di cicatrici scavate fino alle ossa, sono devastati dai morsi degli insetti che nidificano nelle sterpaglie dei campi. Sono vestiti con cenci sporchi e le scarpe, quando ne posseggono un paio, sono brandelli di cuoio o di stoffa. La sera si nutrono con un unico piatto a base di chicchi di mais. Dormono su stuoie sporche, negli accampamenti dove le latrine sono buchi scavati nel terreno. I padroni sprangano dall'esterno le porte delle loro "prigioni" e le riaprono al levare del sole, per farli uscire.
Le Organizzazioni internazionali e le associazioni umanitarie, negli ultimi anni, hanno raccolto testimonianze e condotto indagini nell'Africa occidentale e subsahariana, segnalando il dramma di alcuni Stati dove la schiavitù infantile sembra ormai inestirpabile e continua ad essere praticata apertamente.
Tutto ciò accade nonostante il Mali e la Costa d'Avorio abbiano aderito alla lotta contro le forme di schiavismo e abbiano firmato un accordo che proibisce il commercio dei bambini.


Nessun commento:

Posta un commento